Come confermato dalla Farnesina nei giorni scorsi, il giudice di Teheran ha pronunciato la sentenza di condanna a morte contro Ahmadreza Djalali, un medico iraniano di 45 anni, ricercatore esperto di Medicina dei disastri e assistenza umanitaria presso l’Università del Piemonte Orientale di Novara. Il 24 aprile 2016 era stato arrestato e incarcerato nella prigione di Evin, vicino Teheran, con l’accusa di spionaggio. Il regime di Teheran lo accusa di "collaborazione con governi nemici".
La richiesta d’aiuto della moglie, che vive a Stoccolma con i due figli e si è rivolta al Governo svedese per la liberazione del Dott. Djalali, è stata sostenuta anche dall’Università del Piemonte Orientale, rilanciando la raccolta fondi per sostenere le spese legali della famiglia, e dalla Regione Piemonte che ha chiesto l’immediata revoca della sua condanna e la sua scarcerazione, sollecitando il Governo e l’Unione europea a intervenire presso le autorità iraniane. Personalmente ho depositato una interrogazione in commissione per sapere quali iniziative il Ministro degli Esteri stia mettendo in atto presso le sedi internazionali competenti e nei rapporti diplomatici bilaterali con l’Iran affinché il dottor Djalali venga scarcerato.
Stando a numerosi organi di stampa la sua unica colpa accertata è quella di aver collaborato all’estero con ricercatori italiani, israeliani, svedesi, americani e del Medio Oriente, per migliorare le capacità operative degli ospedali di quei paesi che soffrono la povertà e sono flagellati da guerre e disastri naturali, assicurano i medici che hanno lavorato con lui”. in carcere ha condotto tre scioperi della fame, e uno delle sete, per affermare la propria innocenza. Le sue condizioni di salute sembrano esser peggiorate velocemente. A suo favore, nei mesi scorsi, c'è stata una vera e propria mobilitazione internazionale, che ha portato alla raccolta di oltre 220 mila firme in tutto il mondo. Amnesty International ha avviato un'azione urgente e i figli di 5 e 14 anni, che vivono in Svezia con la mamma, si sono rivolti anche a Papa Francesco. Ritengo che questa situazione sia inacettabile e vada risolta nel più breve tempo possibile anche promuovendo un intervento dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, a supporto dell’auspicata soluzione della vicenda.
APPROFONDIMENTI
5/12564 Interrogazione a risposta in Commissione Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
0 commenti