Emanuele Scagliusi
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Razionalizzare l’uso dell’acqua e ridurre il consumo di bottiglie di plastica. Sono questi gli obiettivi del “Bonus Acqua Potabile” inserito nell’ultima Legge di Bilancio che prevede un credito d’imposta pari al 50% delle spese sostenute tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022 sull’acquisto e l’installazione di sistemi di filtraggio, mineralizzazione, raffreddamento e/o addizione di anidride carbonica alimentare finalizzati al miglioramento qualitativo delle acque per il consumo umano erogate da acquedotti. La copertura è pari a 5 milioni di euro. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato le regole per fruire del bonus e fissa a febbraio 2022 la prima finestra per comunicare le somme pagate nel corso del 2021. Possono godere del beneficio le persone fisiche, i soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni e gli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

In linea con altri incentivi ambientali già varati nel corso della legislatura, il provvedimento persegue diversi obiettivi: la difesa dell’ambiente, un ulteriore stimolo all’economia e un vantaggio economico per i cittadini. Sotto il profilo ambientale, ridurre i consumi di acqua nelle nostre case aiuta non solo a preservare le risorse idriche (che in estate sono sempre più scarse), ma consente anche di risparmiare energia e ridurre le emissioni climalteranti. Dopo gli Ecobonus per l’acquisto di veicoli a basse emissioni e il Superbonus per la riqualificazione energetica e sismica delle case, con il Bonus idrico ribadiamo ancora una volta un principio fondamentale: economia e ambiente possono e devono andare di pari passo.

Il credito d’imposta è pari al 50% della spesa sostenuta, fino a un massimo di mille euro di spesa per ciascun immobile per le persone fisiche e di 5mila euro per ogni immobile adibito all’attività commerciale o istituzionale, per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e gli enti non commerciali. Tuttavia, considerato che il tetto per la spesa complessiva è di 5 milioni di euro l’anno, l’Agenzia calcolerà la percentuale rapportando questo importo all’ammontare complessivo del credito d’imposta risultante da tutte le comunicazioni validamente presentate.

L’importo delle spese sostenute deve essere documentato da una fattura elettronica o un documento commerciale in cui sia riportato il codice fiscale del soggetto che richiede il credito. Il pagamento va effettuato con versamento bancario o postale o con altri sistemi di pagamento diversi dai contanti. Dopo le comunicazioni telematiche del prossimo febbraio, il bonus potrà essere utilizzato in compensazione tramite F24, oppure, per le persone fisiche non esercenti attività d’impresa o lavoro autonomo, anche nella dichiarazione dei redditi riferita all’anno della spesa e in quelle degli anni successivi fino al completo utilizzo del bonus.



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Durante la pandemia, il Reddito di Cittadinanza è stato il vero argine alla crisi sociale del Paese. Non a caso, anche un’autorevole organizzazione internazionale come l’OCSE lo ha promosso rilevando che in Italia “la rete di sicurezza sociale è stata radicalmente migliorata” con il RdC, “che introduce maggiori benefici per le famiglie insieme a condizioni più rigorose”.

I dati resi noti dall’ISTAT la settimana scorsa ci impongono ulteriori sforzi per tutelare i cittadini che versano in condizione di povertà, a iniziare proprio dal rafforzamento del Reddito di Cittadinanza. Grazie al MoVimento 5 Stelle, con la legge di Bilancio 2021 prima e con il decreto Sostegni poi c’è stato un aumento delle risorse inizialmente stanziate per il RdC, così da dare, unitamente al Rem, un aiuto concreto a milioni di cittadini. In vista della prossima Manovra, riteniamo necessario un ulteriore finanziamento del Reddito di Cittadinanza in modo da garantire maggiore attenzione alle famiglie numerose.

Parafrasando Papa Francesco, questo non è il momento di chiudere i pugni ma di tendere la mano verso i poveri. Al contempo, continuiamo a lavorare per riformare e potenziare i Centri per l’impiego assicurando non solo ai percettori del Reddito ma anche a disoccupati e lavoratori in transizione un sistema più efficace ed efficiente di politiche attive del lavoro dopo anni di immobilismo. L’intenzione del Governo Draghi di portare avanti il nostro piano non può che farci piacere: vuol dire che è la strada giusta da seguire.
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Si celebra oggi, 3 giugno, la Giornata mondiale della Bicicletta istituita nel 2018 dall’Onu per incentivare un mezzo di trasporto “semplice, ecologico e sostenibile”.

La Bike Economy è da sempre un’industria di grande tradizione artigiana in Italia e, complice la pandemia, abbiamo assistito ad un vero boom della produzione, con picchi del 20%. Dopo aver incentivato l’utilizzo delle due ruote attraverso il Bonus Mobilità, che ha raggiunto un notevole successo tra gli italiani con oltre 662.293 beneficiari per un ammontare totale pari a 202,3 milioni di euro di cui 53,6 milioni al Sud, è ora lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a sancire l’importanza di questo settore. Con lo stanziamento di ben 600 milioni di euro, infatti, prevediamo di realizzare circa 570 km di piste ciclabile urbane e metropolitane nonché circa 1.250 km di piste ciclabili turistiche. Il 50% delle risorse saranno destinate alle Regioni del Sud sia per favorire gli spostamenti quotidiani e l’intermodalità sia per raggiungere obiettivi turistici e ricreativi.

L’Italia è ai primi posti a livello mondiale in molti punti della filiera produttiva. Dagli ultimi dati a disposizione, è il primo Paese in Europa per numero di bici vendute all’estero, pari a 1.776.300. Crescono, poi, le imprese del settore: 3.128 tra produzione, riparazione e noleggio; in crescita del 3,2% negli ultimi 5 anni con il coinvolgimento oltre 7.400 addetti.

Usare la bicicletta aiuta concretamente l’economia, l’occupazione, e fa bene alla salute, al turismo e all’ambiente.
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Quasi 35 miliardi di euro è l’ammontare delle risorse dedicate dal PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla mobilità sostenibile, agli investimenti sulla rete ferroviaria e stradale nonché al trasporto locale.

Tra gli obiettivi da raggiungere vi è il miglioramento della qualità della vita attraverso la diminuzione dell’inquinamento acustico e dell’aria, la riduzione delle congestioni e l’integrazione di nuovi servizi. Si punta ad una mobilità “soft”, favorendo l’intermodalità e l’utilizzo di biciclette con la realizzazione di circa 570km di piste ciclabili e circa 1.250km di piste ciclabili turistiche attraverso uno stanziamento di 600 milioni di euro. Il numero dei ciclisti è in costante crescita dal 2013 e, oltre alla diffusione di un mezzo di trasporto non inquinante, rappresenta una fonte di indotto economico dal valore pari a 7,6 miliardi di euro l’anno.

Ben 3,6 miliardi di euro sono finalizzati, invece, ad ottenere uno spostamento di almeno il 10% del traffico su auto private verso il sistema di trasporto pubblico. Ad oggi, infatti, i mezzi privati sono i più utilizzati in Italia, con 2 persone su 3 over18 che hanno utilizzato ogni giorno l’auto. La misura prevede la realizzazione di 240km di rete attrezzata per le infrastrutture del trasporto rapido di massa suddivise in metro (11km), tram (85km), filovie (120km) e funivie (15km). Ci si concentrerà maggiormente sulle aree metropolitane delle maggiori città italiane così da diminuire la congestione e i problemi legati all’inquinamento.

Gli spostamenti su vetture private rimarranno, inevitabilmente, la percentuale più consistente ed è per questo che incentiviamo lo sviluppo di una mobilità basata su veicoli elettrici, che ad oggi incide appena per lo 0,1% sul totale dei veicoli. Per raggiungere gli obiettivi europei in materia di decarbonizzazione è previsto un parco circolante di circa 6 milioni di veicoli elettrici al 2030, per i quali si stima siano necessari 31.500 punti di ricarica rapida pubblici: con 750 milioni di euro ne realizzeremo 7.500 in autostrada e 13.755 nei centri urbani, oltra a 100 stazioni di ricarica sperimentali con tecnologie per lo stoccaggio dell’energia.

Rinnoveremo, poi, le flotte di autobus con mezzi a basso impatto ambientale e di treni per il trasporto regionale e intercity con mezzi a propulsione alternativa per cui vengono stanziati circa 3,64 miliardi di euro. Accelereremo l’attuazione del Piano Strategico Nazionale per la Mobilità Sostenibile con l’acquisto, entro il 2026, di circa 3.360 bus a basse emissioni, con circa un terzo delle risorse destinate alle principali città italiane. Accompagneremo questo sforzo produttivo con 300 milioni di euro dedicati alla diffusione e promozione di trasformazione tecnologica della filiera legata alla produzione di autobus in Italia, con l’obiettivo di espandere la capacità produttiva e il miglioramento dell’impatto ambientale. Ridurremo l’età media del parco rotabile regionale, invece, tramite l’acquisto di unità a propulsione elettrica e a idrogeno con l’acquisto di 53 treni per sostituire un numero equivalente di vecchie unità entro il 2026, a cui si aggiungono 100 carrozze di nuova concezione sviluppate con materiali riciclabili e rivestite con pannelli fotovoltaici. Lavoreremo, inoltre, sul versante delle semplificazioni per procedure più rapide per la valutazione dei progetti di trasporto pubblico locale con impianti fissi e di trasporto rapido di massa.

Una parte da protagonista nel PNRR la svolge l’idrogeno, su cui investiamo oltre 3 miliardi di euro, per un terzo dedicati al mondo dei trasporti. Verranno create 40 stazioni di rifornimento a base di idrogeno, con distributori adatti a camion e auto, e implementati i progetti di sperimentazione delle linee a idrogeno. Grazie a questa misura, il segmento degli autocarri a lungo raggio, ad oggi uno dei più inquinanti e responsabile di circa il 5-10% delle emissioni di CO2 complessive, potrebbe registrare una penetrazione significativa dell’idrogeno fino al 5-7% del mercato entro il 2030. Un altro settore di interesse per l’idrogeno è il trasporto ferroviario passeggeri. In Italia circa un decimo delle reti ferroviarie è servito dai treni diesel: dove abbiamo treni dall’età media elevata e l’elettrificazione risulti non fattibile o competitiva possiamo prevedere la conversione all’idrogeno. Saranno coinvolte regioni dall’elevato traffico in termini di passeggeri come Lombardia, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Calabria, Umbria e Basilicata. Il progetto include la produzione di idrogeno verde in prossimità delle stazioni di rifornimento (si punta a realizzarne 9 su 6 linee ferroviarie), tramite sviluppo dell’intero sistema di produzione, stoccaggio e utilizzo dell’idrogeno.

Gli investimenti più corposi riguarderanno la rete ferroviaria (24,77 miliardi di euro). Innanzitutto acceleriamo l’iter di approvazione dei singoli progetti e del Contratto di programma quinquennale tra MiMS e RFI così da velocizzare progettazione e realizzazione dei lavori. Si interverrà sull’Alta Velocità per lo sviluppo dei servizi ferroviari passeggeri e merci a lunga percorrenza, collegando il Sud (Napoli-Bari; Palermo-Catania-Messina; Salerno-Reggio Calabria) e integrandosi con i sistemi di trasporto regionale, riducendo i tempi di percorrenza e aumentando la capacità. Al Nord, invece, si investirà sulle direttrici Brescia-Verona-Vicenza, Liguria-Alpi e Verona-Brennero. I progetti riguarderanno poi anche le cosiddette “connessioni diagonali” dall’Adriatico e dallo Ionio al Tirreno con investimenti su Roma-Pescara; Taranto-Metaponto-Potenza-Battiglia e il rafforzamento della Orte-Falconara.

Agiremo per la piena interoperabilità con le reti ferroviarie europee con lo sviluppo del sistema di gestione ERTMS nonché per il potenziamento dei nodi ferroviari metropolitani, dei collegamenti nazionali chiave e delle linee regionali. Verranno superati i nodi critici che al Sud rappresentano veri e propri “colli di bottiglia”, migliorando e riqualificando inoltre le stazioni in termini di accessibilità e integrazione con il territorio.

Si interviene, infine, sulla sicurezza stradale con due linee di riforma: il trasferimento della titolarità delle opere (ponti, viadotti, cavalcavia) relative alle strade di secondo livello ai titolari delle strade di primo livello, ovvero autostrade e strade extraurbane principali; l’attuazione delle linee guida per la classificazione e la gestione del rischio, la valutazione della sicurezza e il monitoraggio dei ponti esistenti.


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