Mercoledi scorso, con una interrogazione a risposta immediata in Commissione Affari Esteri ho messo all’attenzione della Presidenza e di quella dei colleghi presenti, la situazione drammatica che in queste ore sta interessando il cantone di Kobanê.
Il popolo curdo in Siria da alcuni anni ha creato una regione autonoma, il Rojava, formata da tre cantoni. Uno dei tre cantoni, il Kobanê appunto, è sotto attacco di un’offensiva in serie dell’Isis che ha costretto migliaia di famiglie a fuggire dalle loro abitazioni. E’ precisamente dal 15 settembre scorso che le armate terroriste dell’Is stanno attaccando il cantone di Kobanê su tre diversi fronti, con estrema durezza e con armi pesanti sequestrate all’esercito iracheno. lo Stato Islamico è riuscito ad avanzare grazie alle armi pesanti di cui può disporre (cannoni, carri armati, razzi Katyusha e missili), e traendo vantaggio da questa lotta impari.
Purtroppo, l'alleato chiave della NATO in Medio Oriente, la Turchia, risultava anche il più inaffidabile nella lotta ai jihadisti dell'Is.
Infatti, nonostante avesse posizionato una quarantina di carri armati a
ridosso della frontiera con la Siria, al confine siriano nei pressi di
Mursitpinar, non aveva firmato la dichiarazione di Jeddah, con cui Stati Uniti, i Paesi del Golfo Persico, l'Egitto, l'Iraq, la Giordania e il
Libano si impegnavano a combattere il Califfato, negando anche l'utilizzo
delle sue basi. Il Paese turco non era voluta entrare
nella coalizione guidata dagli Stati Uniti per sconfiggere i combattenti
dell'Isis, mentre decine di suoi cittadini erano ostaggio dei jihadisti
dopo essere stati rapiti dal consolato di Mosul, nel nord dell'Iraq. Aveva
tollerato gli attacchi dell’Is contro la città di Kobanê ed era
ritenuta colpevole di favorirlo, fornendo segretamente ed illegalmente
armi e carri armati. Inoltre, le forze di sicurezza e i soldati
turchi avevano attaccato con durezza le persone che si erano radunate al
confine in solidarietà con la resistenza della città, con il risultato
di aver procurato morti e feriti.
Per
questi motivi, avevo chiesto al Sottosegretario Giro quali iniziative
il Governo intendesse adottare, di concerto con i partner
internazionali, affinché fosse scongiurata una nuova carneficina nella
città di Kobane anche sollecitando la Turchia a tenere un atteggiamento
di contrapposizione avverso lo Stato lslamico e di protezione nei
confronti delle migliaia della popolazione in fuga dai villaggi occupati
nel cantone di Kobane.
La risposta?
Purtroppo mi è sembrata un po vaga e generica. Ci saremmo aspettati una
presa di posizione più decisa dal momento che siamo nel semestre di
presidenza italiano della UE e che la Mogherini ricopre il ruolo di
Lady PESC (la signora della Politica Estera e di Sicurezza Comune).
Siamo difronte all’ennesima dimostrazione della perdita di
influenza da parte dell’Italia nello scenario internazionale, figlia di
una politica estera assente e priva di una visione. Mentre noi parliamo,
centinaia di migliaia di persone sono di fronte a un serio pericolo di
genocidio ma non si è ancora vista una minima azione da parte
dell’Italia.
C’è l'esigenza nell’immediato di scongiurare una nuova carneficina nella
città di Kobane assediata in queste ore dall’isis.
La comunità internazionale deve intervenire in queste aree, ma non
esiste il solo intervento armato o la consegna di armi (come è stato
fatto il 20 agosto). Il Governo dovrebbe portare avanti queste proposte,
che abbiamo elaborato con l’aiuto della associazioni di Curdi in
Italia. E’ necessario incalzare il nostro alleato NATO, lo ricordo, la
Turchia affinchè:
-
favorisca il riconoscimento dell’autonomia dei tre Cantoni Curdi
(Aleppo, Robane, Rojava), così da poter garantire un afflusso di aiuti
dirette non mi filtrati dal governo centrale Siriano;
- tolga le armi all’IS, perché quelle utilizzate sono le armi recuperate in Iraq, per combattere nelle tre zone;
-
la smetta di aiutare IS, perché fino ad oggi questo è successo e di
evitare l’intervento Turco nei cantoni Curdi perché questo potrebbe
sviluppare ulteriori disequilibri nell’area.
Aggiornamento del 3 Ottobre '14
Ora, pare che dopo aver ottenuto il
rilascio degli ostaggi, il presidente Erdogan abbia tutte le intenzioni
di assumere un atteggiamento più duro nei confronti del gruppo
islamista. Proprio qualche ora fa il Parlamento turco ha approvato una mozione che autorizza il governo a
inviare le forze armate in Siria e a ad accogliere le truppe di paesi
alleati sul territorio turco, oltre a permettere l’uso della base NATO
per lanciare raid contro i terroristi del Califfo nero in Siria e Iraq.
La mozione, approvata con una valanga di voti dopo un aspro dibattito,
si tradurrà in un maggiore coinvolgimento della Turchia nelle
operazioni della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti
contro i jihadisti dello Stato islamico e di altri gruppi estremisti
attivi in Siria e in Iraq. Grazie alla maggioranza parlamentare
costituita dal suo partito, l’islamico Akp, e ai voti favorevoli dei
lupi, i nazionalisti di destra del Mhp, il presidente Erdogan, potrà
d’ora in poi smentire i suoi detrattori locali e stranieri che lo
accusano di ambiguità, se non complicità con i jihadisti dell’Isis. Tuttavia, la posizione di Ankara resta ambigua poiché di mezzo ci sono i
reiterati sospetti di finanziamenti a gruppi jihadisti (incluso l'Is),
il flusso continuo di terroristi dalla Turchia e i molti interessi
politici ed economici turchi nella regione, primi fra tutti la questione
curda.
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